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Storia di una ladra di libri, riuscita a metà

Scritto da Carlo Di Stanislao il 1 aprile 2014
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Trasposizione cinematografica del romanzo La bambina che salvava i libri di Markus Zusak, pubblicato nel 2005, diretto da a Brian Percival,  coni Sophie Nélisse, Geoffrey Rush ed Emily Watson, “Storia di una ladra di libri” uscirà nei nostri cinema il 27 prossimo, con uno script che è una delle cose migliori  di Michael Petroni, quello di The Dangerous Lives of Altar Boys del 2002, con un racconto piuttosto semplice dal punto di vista visivo, nel montaggio e nella narrazione, spesso affidata alla voce ‘off’  della protagonista, per mettere le basi per una storia che sembra – a posteriori – fortemente segnata dal rapporto di lei con gli ‘uomini’ della sua vita: il fratellino, il compagno Max, il padre adottivo Hans, l’ebreo Max, ma con l’intensione di spostarsi dal particolare al generale, dalla autbiografia ai temi universali.

Il libro è molto bello ma, per quanto riguarda il film, scivola spesso nel già visto e rivisto e si affida allo stato d’animo dello spettatore soprattutto nella creazione di una empatia per la quale non bastano gli escamotage disseminati (la location di Heaven Street, le difficolta’ iniziali di Liesel, il Vostra Maesta’ di un Geoffrey Rush sempre meritevole, la passione di Rudy per Jesse Owens, i rastrellamenti e la discriminazione, la ripresa effettata degli ‘zombi’ ebrei, l’immancabile rogo di libri)

Alla fine i momenti piu’ veri e nei quali questo film potrebbe riuscire a esser ricordato tra gli altri sono probabilmente i diversi esempi di coscrizione vissuti dai personaggi di contorno e la spigolosa Rosa Hubermann di Emily Watson.

“Storia di una ladra di libri” è tutto incentrato sui rapporti che la protagonista va intessendo con alcuni personaggi, senza troppi riguardi per la cornice, con la guerra ancora di là da venire, mentre la Germania è già pienamente inserita nell’era di Hitler ed un treno sferraglia a gran velocità su una distesa sconfinata di neve, mentre una voce in sottofondo ci introduce la piccola Liesel, a bordo di quello stesso treno.

È il viaggio della speranza, quella per una vita migliore, che però parte sotto i peggiori auspici: il fratellino, infatti, muore lungo quella traversata. Giusto il tempo di seppellirlo che Liesel e la madre si avviano verso la nuova casa della ragazzina, presso una scorbutica signora ed il gioviale marito. D’ora in avanti Hans (Geoffrey Rush) e Rosa (Emily Watson), questi i loro nomi, saranno il papà e la mamma di Liesel.

E’ un film che punta più alla pancia, talvolta dissimulando ingenuità a tal punto da mimetizzarsi anche troppo bene tra le produzioni da target specifico, nel nostro caso per ragazzi.

Ma è un po’ come volersela suonare e cantare al tempo stesso, per via della piattezza con cui scorre il film; ché se dopo mezz’ora non guardate l’orologio e ne volete ancora allora vuol dire che è il film che per voi – o qualcosa del genere.

Un film mediocre per un pubblico mediocre, con un eccesso di placidità con cui la vicenda inizia, si svolge e poi si conclude, un andamento, eccessivamente teatrale nel senso deteriore del termine e davvero nessun guizzo né autentica novità.

Un film molto al di sotto del libro da cui è tratto, in cui ciò che realmente importa è la catena di pagine che ha unito tante persone etichettate come ebree, sovversive o ariane, ed invece olo poveri esseri legati da spettri, silenzi e segreti.