www.faronotizie.it - Anno XIX - n. 216 - Aprile

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Quando si parla di recessione, di crisi dell’Europa e dell’euro  si fa soprattutto riferimento  alle responsabilità :

-          della crisi finanziaria globale iniziata nel 2007;

-          delle grandi banche internazionali ;

-          delle banche centrali e delle politiche monetarie  eccessivamente espansive;

-          degli economisti “ neo liberal” che hanno dominato la scena per alcuni decenni con la loro visione  esclusivamente “mercatista” e monetaria dell’economia;

-          dei poteri politici e istituzionali  della Comunità Europea, del Fondo Monetario Internazionale, dell’ OCSE e per finire dei governi   che, con le liberalizzazioni dei mercati finanziari e delle banche, hanno favorito una anomala proliferazione del settore finanziario.

Raramente si fa riferimento anche  allo stretto legame  esistente fra la crisi e la crescita delle disuguaglianze  fra i ricchi e la classe media.

Ebbene numerosi studi  hanno dimostrato che le disparità nella distribuzione della ricchezza,  caratteristica strutturale del sistema capitalistico, possono essere considerate  una delle principali cause  dell’instabilità economica.

Viviamo ormai da anni in un contesto in cui l’ordine gerarchico  fra  finanza  ed economia reale è stato stravolto: quest’ultima  è ormai dipendente e succube dei mercati e  delle  evoluzioni  speculative sulle attività finanziarie e sulle materie prime. Inoltre l’aumento delle disuguaglianze economiche accentua la supremazia della finanza sull’intera economia.

Già agli inizi degli anni 80 il processo di accumulazione del sistema capitalistico nel settore industriale  era in affanno  ( a causa della riduzione della domanda per consumi che aveva sostenuto il boom economico collegato alla ricostruzione dopo il secondo conflitto mondiale); le classi dominanti nelle economie occidentali incominciarono a puntare  anche sull’accumulazione di tipo finanziario utilizzando la loro influenza sulla politica per ottenere sempre maggiori liberalizzazioni e misure per  la globalizzazione dei mercati finanziari.

Gli industriali, abituati ad investire quasi esclusivamente  nelle loro aziende,  vennero così affiancati dai nuovi ricchi della finanza,  focalizzati sulla rendita e sulla speculazione finanziaria e meno propensi ad assumere rischi nelle attività reali.

La domanda di nuovi prodotti finanziari più redditizi e sicuri da parte dei grandi patrimoni stimolò l’attività delle banche  il cui perimetro operativo era stato ampliato  dalle liberalizzazioni.

Fu così  che si iniziò, prima negli Stati Uniti e poi con modalità diverse negli altri paesi sviluppati, a sollecitare  gli individui con redditi medio-bassi,  a contrarre mutui e prestiti per  l’acquisto della casa, dell’auto, per gli studi universitari dei figli e così via, anche al di là delle loro reali capacità economiche.

Esauriti i buoni pagatori, si passò alle categorie meno abbienti e poi addirittura ai “NINJA” ( no job, no income, no asset, cioè senza reddito, lavoro e  patrimonio) sulla base del presupposto che la garanzia principale per il rimborso dei mutui sarebbe stata soprattutto la rivalutazione degli immobili acquistati  e non, come è normale,  il reddito del debitore!

Questa enorme massa di mutui veniva  poi  aggregata  in obbligazioni, garantite dai mutui stessi,  con le valutazioni compiacenti delle agenzie di rating come Moody’s e Standard&Poors.

Tutto si basava sul presupposto che l’incidenza di “pochi” singoli default  ( morosità dei debitori)  su una massa tanto vasta di mutui non avrebbe compromesso la bontà delle obbligazioni!!!  Inoltre,  il valore  delle case era in continuo aumento e quindi anche la garanzia delle banche era al sicuro! Bolla immobiliare e bolla finanziaria incominciarono quindi la loro marcia comune che, seppur con modalità diverse, si manifestò anche nelle altre principali economie sviluppate.

Le obbligazioni “sicure e redditizie” furono collocate presso i paperoni , le banche  (soprattutto europee),  i fondi comuni di investimento  e addirittura i fondi pensione di mezzo mondo! Perché continuare ad investire solo nei buoni del tesoro con bassi rendimenti quando si poteva ottenere molto di più con le nuove obbligazioni che avevano  i massimi voti  delle agenzie di rating?

Le banche, in tal modo, si liberavano  dei mutui concessi attraverso la vendita di queste obbligazioni e  acquisivano nuova liquidità per espandere ulteriormente l’attività; inoltre,  utilizzavano quelle non collocate  come garanzie per ottenere liquidità da altre banche.

Un sistema che si è sviluppato sotto gli occhi di  governi  e autorità monetarie nazionali ed internazionali (conniventi o incompetenti..?) creando una irrazionale euforia sui mercati; inoltre  l’enorme  creazione di liquidità alimentava l’attività speculativa  su azioni, obbligazioni e sui famigerati derivati che a loro volta  aumentavano i rischi sui bilanci delle banche sempre più esposte su attività lontane dal loro mestiere principale.

Tutto questo continuò  allegramente  finché un giorno qualcuno si accorse che la bontà di queste obbligazioni ( più correttamente definibili come bond strutturati) era tutta da verificare, anzi si trattava di titoli che in buona parte potevano essere definiti tossici!

Il sistema iniziò a scricchiolare; ad inizio 2008 alcune banche  inglesi e tedesche saltarono o entarono in crisi, poi in autunno il fallimento della  Lehman decretò lo stato di crisi per la finanza globale e poi tutto il seguito fino ad oggi con l’instabilità che, anche grazie alle rigidità del sistema euro, è  stata trasmessa dalle banche ai titoli pubblici, con l’esplosione degli spread  e le  politiche di austerità, l’esplosione della disoccupazione  e così via…

Fra i corresponsabili  di questa vicenda svettano i banchieri ( e i loro collaboratori) con i loro bonus  stratosferici  giustificati dagli elevati profitti (reali?) fatti guadagnare alle loro banche, profitti che si sono trasformati  dopo qualche anno in perdite che hanno comportato  interventi miliardari dei governi per i salvataggi bancari ( con buona pace delle risorse da destinare al welfare ed ai servizi pubblici….). Tutto questo ha fatto diminuire o aumentare le disuguaglianze economiche? La risposta sembra ovvia!

Dall’aumento dell’indebitamento della classe media e dei meno abbienti si è giunti così alle politiche di austerità che pesano oggi soprattutto  sulle loro spalle l!!

Nel nostro paese si è cercato di affermare l’opinione secondo la quale non avremmo speso un euro per i salvataggi bancari, ma i quattro miliardi del “prestito” Montepaschi,  in grave crisi a causa di acquisizioni spericolate, i Monti ed i Tremonti bond emessi in favore di altre banche, sebbene siano dei prestiti  sono comunque risorse finanziarie pubbliche  utilizzate per finalità che pubbliche non sono perché impiegate per società private  con azionisti privati!

E tutto questo senza considerare i costi indiretti per la collettività causati sempre dalle banche con la stretta creditizia e l’aumento delle commissioni e interessi  finalizzato al riequilibrio dei malandati conti economici ( dai quali però riescono quasi sempre a materializzarsi laute remunerazioni per i dirigenti e dividendi per gli azionisti……) !

In Italia la crisi non è e non è stata uguale per tutti. E’ continuato lo spostamento della ricchezza dal basso verso l’alto. Quando si incomincerà a fare sul serio con una politica fiscale realmente progressiva e si adotteranno misure straordinarie di redistribuzione per spingere la domanda per consumi, sarà sempre troppo tardi!

In conclusione si può affermare che, favorendo lo sviluppo delle disuguaglianze economiche,  il regime dell’accumulazione capitalistica, dominato  dal sistema finanziario, non solo ha posto le basi per la propria stessa crisi, ma  sta facendo pagare i costi della crisi alle stesse vittime di questo sistema…..oppure l’ineguaglianza serve a scatenare lo spirito dell’invidia che promuove la crescita,  come afferma Boris Johnson l’ambizioso sindaco di Londra e della City  ovvero la maggiore concentrazione di banche e mercati  del pianeta?