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Il poeta della Memoria!

Scritto da Nunzia Pasturi il 1 luglio 2013
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Chi è Francesco MT Tarantino…  Uno studioso, un filosofo, un poeta? È un omone timido, di poche parole, schivo e restio ad accettare qualunque complimento o ovazione. Nasconde dietro ai suoi occhialini rotondi, non proprio alla Gramsci, uno sguardo dolce, umido, quello di chi conosce i valori reali della vita e li difende, quello di chi ha sognato l’amore, lo ha vissuto, lo ha perduto, ma lo conserva intatto nella Memoria del suo cuore. Ecco come lo definirei io Francesco Tarantino: il poeta della Memoria! Nei suoi libri di poesie, Cose mie, Disturbi del cuore, Noli me tangere e Memorie di alberi recisi, c’è l’impegno di un uomo contro l’oblio e la dimenticanza, in modo diverso e per ragioni diverse, certo, ma fondamentale per il poeta è mantenere il ricordo di sé, dei suoi affetti, dei luoghi, anche quando si tratta del cimitero!

Ho conosciuto Francesco alla fiera di Torino. Non conoscevo le sue opere. La prima, letta in una notte, tutta d’un fiato, è l’ultima in ordine di pubblicazione: Memorie di alberi recisi, pubblicata da Edilet, Roma. Ciò che mi ha colpito di queste poesie, che mi hanno riportato subito all’ Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters, è che sono gli alberi recisi a parlare, a dirci della loro sofferenza e di quello che era stato il loro ruolo, per anni e anni, nel cimitero di Mormanno. Nella stupenda prefazione di Francesco Aronne vi è, insieme a spiegazioni storiche, psicologiche e sacrali del ruolo degli alberi nel cimitero, la sconosciuta motivazione delle esecuzioni di condanna a morte di ventinove alberi storici da parte dei vari governanti del comune di Mormanno. Scrive così Francesco Aronne: “…Ed era bello il cimitero, anche nell’incuria di quelle enormi piante spinte verso l’alto dall’azoto di centinaia di spoglie avvolte in decenni nel fazzoletto di terra ad esse sottostanti. Un’ascesa quasi caldeggiata da corpi andati, dall’impercettibile sussurro di chi la voce l’ha perduta nell’addio, inghiottito e ormai terra organica, immemore eppure ancor curioso di salire a guardare da vicino fulgori di altre vite, nel tentativo di ricercare nella profondità del cielo la ricongiunzione con l’anima perduta.” Quanto sia stato brutale, incivile e insensibile questo gesto, lo testimoniano le “parole” degli alberi, di ciò che di essi rimane, il pianto di amici secolari che hanno perduto la loro funzione di respiro, di ombra, di eternità di un luogo sacro alla memoria di chi resta.

Quello che resta son solo radici
Che non fanno alcun’ombra e marciranno
Ho dato ristoro e giorni felici
Alle preghiere che ormai finiranno

Ascoltavo i lamenti sotto terra
Con i miei rami li portavo al cielo
Perché le cicatrici della guerra
Fossero lenite da freddo e gelo

Oltre ai patemi raccoglievo gioie
Soddisfazioni per piccole glorie
Dalle pieghe dei rami a feritoie

Sentivo narrare piccole storie:
Rancori di donne con le cesoie
Nei rosari di terre e di memorie.

In questa raccolta, l’indignazione, l’impegno civile e il tentativo di sensibilizzare le coscienze per far si che non avvengano mai più scempi simili. Francesco Tarantino è riuscito a raccontare con sensibilità e fermezza, con rabbia e delusione “la storia del Potere. Una storia eterna di violenza, di incultura, di sopraffazione.” ( Quarta di copertina di Marco Onofrio).

Qualcuno ha odiato la belligeranza
Di un ultimo idiota fatto persona
Quale il motivo di tanta arroganza
Del potere espletato “alla carlona”?
Ho combattuto contro l’ignoranza
Di un’associazione che non funziona
Bisogna fermare la baldanza
Con l’unica frusta che non perdona
Su fronti opposti è iniziata una guerra
Ho scritto memorie sopra le spoglie
Di poveri cristi sepolti in terra
Che parlavano attraverso le foglie
Ormai son morte e nessuno le afferra
E l’idiota ride e non le raccoglie.

Ma anche una storia di solitudine di chi osserva e reagisce, ma è da solo contro tutti. Subito dopo aver letto questo libro, mi giunge la notizia dalla Turchia:migliaia di giovani,  si sono accampati nel parco, per impedire la mattina ai bulldozer di sradicare gli alberi dell’ultimo polmone verde del cuore europeo della megalopoli del Bosforo, al posto del quale deve essere costruito un mega centro commerciale. Ecco a cosa serve risvegliare le coscienze! La mostra permanente di poesie della memoria, di Francesco Tarantino, servirà a ricordare che non si può abusare del potere, è un monito contro l’indifferenza, i soprusi, l’inciviltà.
“Un albero secolare va pensato come un monumento storico” e quindi va tutelato perché patrimonio di tutta l’umanità.

 

5 Responses so far.

  1. Sheena Dillon scrive:

    È una ben triste vicenda dei giorni nostri ma Francesco Tarantino non si arrende e pubblica un libro di versi dove dà la parola agli alberi recisi, dove gli alberi recisi gridano di dolore e di vendetta, e lo gridano in poesia e distribuisce ai cittadini di Mormanno il libro di poesia. Ecco alcune poesie di Francesco Tarantino cittadino di Mormanno con una lirica di Dante Maffìa come prefazione.

  2. Erick O. Hansen scrive:

    È una ben triste vicenda dei giorni nostri ma Francesco Tarantino non si arrende e pubblica un libro di versi dove dà la parola agli alberi recisi, dove gli alberi recisi gridano di dolore e di vendetta, e lo gridano in poesia e distribuisce ai cittadini di Mormanno il libro di poesia. Ecco alcune poesie di Francesco Tarantino cittadino di Mormanno con una lirica di Dante Maffìa come prefazione.

  3. Joni Z. Spence scrive:

    Non si tratta certo di un caso se il titolo del libro inizia con la parola Memoria, anzitutto di e per sé stessi, come la cura minuziosa e diffusa del proprio testamento del funerale e della sepoltura personali, dappertutto del resto, si muore “veramente” allorquando si è abbandonati e dimenticati, quando non c’è più memoria di sé. I componimenti scritti dal poeta, servono a consegnare la memoria agli alberi recisi.

  4. Ilene X. Witt scrive:

    Francesco M.T. Tarantino, dopo aver avversato il taglio degli alberi secolari nel camposanto di Mormanno, paese dove vive, è ideatore, promotore e realizzatore di “Memorie di Alberi recisi”, mostra permanente di poesie sulla memoria, allestita sulle ceppaie degli alberi tagliati. Ha pubblicato tre raccolte di poesie: Cose mie, Disturbi del cuore e Noli me tangere.

  5. gold price scrive:

    La comunità deve riconciliarsi con i propri cari: riempiamo questo cimitero di fiori, piantiamo siepi di colori nella buona terra; riportiamo, tra i viali e lì dove vi è un sito, dei giovani alberi. Ridaremo così voci e occhi ai defunti e, soprattutto, senso e ragione ai vivi, che non possono vivere con quest’orrendo peso sullo stomaco. E assegniamo un nome all’albero che piantiamo, a cominciare da quello di un nostro caro che lì aspetta di rivedere, attraverso le chiome dell’albero, il sole, la luna, le stelle, a risentire la tenerezza di una mano affettuosa con la carezza a un tronco, a un ramo, a una foglia. Il cimitero non è solo il luogo della vita che lascia la vita, ma anche il luogo-simbolo del consolidamento della memoria; la memoria, tanto temuta dalla morte, perché veicola ricordi, affetti, immagini, perfino suoni, e canti, e colori; e, con la sua ostinazione, uccide la morte.